Quarto die Alexander pervenit ad oppidum, quod in regno erat Sambi. Nuper Sambus se dediderat, sed oppidani, qui permagni libertatem suam faciebant, clauserant portas. Eorum paucitate contempta, Alexander quingentos suorum moenia subire iussit, iisque imperavit ut, sensim recedentes, elicerent extra murum hostem. Sciebat enim hostem Macedones insecuturum esse, si eos fugere crederet. Milites igitur, sicut iussi erant, lacessito hoste, subito terga verterunt. Eos barbari effuse sequentes, in alios, inter quos ipse Alexander erat, incidunt. Renovatum ergo proelium est: ex tribus milibus hostium sescenti caesi sunt, mille capti, reliqui intra moenia confugerunt. Sed Macedonum victoria laeta non fuit: barbari enim veneno tinxerant gladios.
Al quarto giorno Alessandro giunge alla città, che era nel regno di Sambo. Da poco Sambo era fuggito, ma i cittadini, che tenevano in grandissima considerazione la propria libertà, avevano chiuso le porte. Disdegnando l’esiguo numero di quelli, Alessandro comandò a cinquecento dei suoi di andare sotto le mura, e comandò loro che, allontanandosi a poco a poco, attraessero il nemico fuori dalle mura. Sapeva infatti che il nemico avrebbe inseguito i Macedoni, se pensava che fuggissero. I soldati, dunque, così come erano stati comandati, provocato il nemico, subito voltarono le spalle (fuggirono). I barbari, segueno quelli alla rinfusa, si imbattono negli altri, tra i quali vi era lo stesso Alessandro. Dunque viene ricominciato il combattimento: furono uccisi 3600 nemici, mille (fatti) prigionieri, gli altri fuggirono dentro le mura. Ma la vittoria dei Macedoni non fu felice: i barbari infatti avevano intinto le spade nel veleno.