Persae in lugubri veste cum coniugibus ac liberis vero desiderio Alexandri mortem lugebant. Adsueti sub regibus servilem vitam vivere, non alium rectorem sibi eo meliorem fuisse confitebantur. Fama Alexandri mortis ad Darei quoque matrem celeriter perlata est; quam non puduit lugubrem vestem sumere atque, laceratis crinibus, humi corpus abicere. Adsidebat ei altera ex neptibus, puella circiter viginti annorum, quae pari dolore flebat. Sed Sisigambis in morte Alexandri etiam suam, etiam neptium fortunam dolebat. Cogitabat enim: “Quem miserebit mei et mearum neptium? Qui alius Alexander futurus est?”. Ad ultimum vitae eam pertaesum est atque dolori succubuit; cibo abstinuit et luce, atque post quinque dies exstincta est.
I Persiani, vestiti a lutto, piangevano – insieme alle consorti e ai figli – la morte di Alessandro con sincero cordoglio. Pur essendo abituati (da sempre) a vivere una vita da sudditi, riconoscevano di non aver (mai) avuto altro regnante migliore di lui. La notizia della morte di Alessandro fu riferita rapidamente anche alla madre di Dario; ella non provò vergogna ad indossare l’abito del lutto e, strappatasi i capelli (per il dolore), e a gettarsi a terra. Le era accanto la seconda delle nipoti, una ragazza di circa vent’anni, che piangeva con egual dolore. Ma Sisigamba era afflitta per la sorte propria e delle (proprie) nipoti, con la morte di Dario. Infatti, pensava: “Chi avrà pietà di me e delle mie nipoti? Ci sarà (mai) un altro Alessandro?”. Infine, volle farla finita e si lasciò vincere dal dolore; si lasciò morire di fame; morì dopo 5 giorni.