His cum obviam universa civitas in Piraeum descendisset, tanta fuit omnium exspectatio visendi Alcibiadis, ut ad eius triremem vulgus conflueret, proinde ac si solus advenisset. Sic enim populo erat persuasum, et adversas superiores et praesentes secundas res accidisse eius opera. Itaque et Siciliae amissum et Lacedaemoniorum victorias culpae suae tribuebant, quod talem virum e civitate expulissent. Neque id sine causa arbitrari videbantur. Nam postquam exercitui praeesse coeperat, neque terra neque mari hostes pares esse potuerant. Hic ut e navi egressus est, quamquam Theramenes et Thrasybulus eisdem rebus praefuerant simulque venerant in Piraeum, tamen unum omnes illum prosequebantur, et, id quod numquam antea usu venerat nisi Olympiae victoribus, coronis laureis taeniisque vulgo donabatur. Ille lacrumans talem benevolentiam civium suorum accipiebat reminiscens pristini temporis acerbitatem. Postquam astu venit, contione advocata sic verba fecit, ut nemo tam ferus fuerit, quin eius casui illacrumarit inimicumque iis se ostenderit, quorum opera patria pulsus fuerat, proinde ac si alius populus, non ille ipse, qui tum flebat, eum sacrilegii damnasset. Restituta ergo huic sunt publice bona, eidemque illi Eumolpidae sacerdotes rursus resacrare sunt coacti, qui eum devoverant, pilaeque illae, in quibus devotio fuerat scripta, in mare praecipitatae.
Giacchè tutta la popolazione era scesa loro incontro al Pireo, divenne così grande l’attesa di tutti di vedere Alcibiade che la gente confluì alla sua trireme proprio come se lui fosse giunto da solo. Infatti il popolo era convinto che le precedenti disfatte e le attuali vittorie si erano verificate per opera sua. Così imputavano a loro stessi la colpa della perdita della Sicilia e delle vittorie degli Spartani, dal momento che avevano allontanato dalla città un tale uomo. E sembrava che pensassero questo non senza ragione. Infatti, dopo che cominciò ad essere a comando dell’esercito, nè per terra nè per mare i nemici poterono essere pari. Qui appena scese dalla nave, nonostante Teramene e Trasibulo fossero stati a capo delle medesime imprese e nonostante fossero giunti insieme al Pireo, tutti seguivano lui solo e, cosa che mai era stata in uso prima – se non per i vincitori a Olimpia -, gli venivano donati dal popolo corone di alloro e nastri. Lui riceveva commosso tale benevolenza dei suoi concittadini ricordando l’asprezza dei loro rapporti precedenti. Dopo che giunse in città, convocata un’assemblea, parlò in un modo tale che nessuno fu tanto duro da non piangere delle sue disgrazie e da non mostrarsi nemico di coloro a causa dei quali era stato cacciato dalla patria, come se un altro popolo, e non quello stesso che allora piangeva, lo avesse condannato per sacrilegio. Poi gli furono restituiti pubblicamente i suoi beni e i sacerdoti Eumolpidi, gli stessi che lo avevano scomunicato, furono costretti a benedirlo di nuovo e le colonne su cui era stata scritta la scomunica furono gettate in mare.