Hic cum iam animo meditaretur proficisci in Persas et ipsum regem adoriri, nuntius ei domo venit ephororum missu, bellum Athenienses et Boeotos indixisse Lacedaemoniis; quare venire ne dubitaret. In hoc non minus eius pietas suspicienda est quam virtus bellica: qui cum victori praeesset exercitui maximamque haberet fiduciam regni Persarum potiundi, tanta modestia dicto audiens fuit iussis absentium magistratuum, ut si privatus in comitio esset Spartae. Cuius exemplum utinam imperatores nostri sequi voluissent! Sed illuc redeamus. Agesilaus opulentissimo regno praeposuit bonam existimationem multoque gloriosius duxit, si institutis patriae paruisset, quam si bello superasset Asiam. Hac igitur mente Hellespontum copias traiecit tantaque usus est celeritate, ut quod iter Xerxes anno vertente confecerat, hic transierit XXX diebus. Cum iam haud ita longe abesset a Peloponneso, obsistere ei conati sunt Athenienses et Boeotii ceterique eorum socii apud Coroneam; quos omnes gravi proelio vicit. Huius victoriae vel maxima fuit laus, quod, cum plerique ex fuga se in templum Minervae coniecissent quaerereturque ab eo, quid his vellet fieri, etsi aliquot vulnera acceperat eo proelio et iratus videbatur omnibus, qui adversus arma tulerant, tamen antetulit irae religionem et eos vetuit violari. Neque vero hoc solum in Graecia fecit, ut templa deorum sancta haberet, sed etiam apud barbaros summa religione omnia simulacra arasque conservavit. Itaque praedicabat mirari se, non sacrilegorum numero haberi, qui supplicibus eorum nocuissent, aut non gravioribus poenis affici, qui religionem minuerent, quam qui fana spoliarent.
Mentre progettava di fare una spedizione contro i Persiani ed attaccare il re stesso, gli giunse dalla patria, da parte degli èfori, il messaggio, che gli Ateniesi ed i Beoti avevano dichiarato guerra agli Spartani, perciò non indugiasse a tornare. In questo frangente va ammirato il suo amor patrio non meno del suo valore militare: egli comandava un esercito vittorioso ed aveva la massima fiducia di impadronirsi del regno persiano, tuttavia con tanto ossequio obbedì agli ordini dei magistrati lontani come se fosse stato privato cittadino nell’assemblea di Sparta. E magari i nostri generali avessero voluto imitare il suo esempio! Ma torniamo all’argomento. Agesilao ad un regno ricchissimo antepose la buona reputazione e stimò molto più glorioso, se avesse obbedito alle istituzioni della patria, che se avesse conquistato in guerra l’Asia. Con questi sentimenti dunque trasportò le truppe oltre l’Ellesponto e fu di tanta rapidità che il tragitto che Serse aveva compiuto nel corso di un anno, egli lo compì in trenta giorni. Mentre già si trovava non molto lontano dal Peloponneso, gli Ateniesi ed i Beoti e gli altri alleati tentarono di sbarrargli la strada presso Coronea: ma egli li vinse tutti in un’aspra battaglia. La gloria di questa vittoria raggiunse il culmine quando, rifugiatisi moltissimi fuggiaschi nel tempio di Minerva e chiedendoglisi che cosa voleva che si facesse di loro, egli nonostante che avesse ricevuto in quel combattimento alquante ferite e sembrasse adirato verso tutti coloro che avevano preso le armi contro di lui, tuttavia antepose all’ira il sentimento religioso e vietò che fossero violati. E questo, di ritenere inviolabili i templi degli dèi, non lo fece solo in Grecia, ma anche presso i barbari conservò, con grandissimo rispetto, tutte le statue e le are. Pertanto soleva dire di meravigliarsi che non fossero ritenuti dei sacrileghi coloro che avessero recato del male ai supplici degli dèi o che coloro che offendevano la religione non fossero puniti con pene più severe di coloro che spogliavano i templi.