Germanico bello confecto multis de causis Caesar statuit sibi Rhenum esse transeundum; quarum illa fuit iustissima quod, cum videret Germanos tam facile impelli ut in Galliam venirent, suis quoque rebus eos timere voluit, cum intellegerent et posse et audere populi Romani exercitum Rhenum transire. Accessit etiam quod illa pars equitatus Usipetum et Tencterorum, quam supra commemoravi praedandi frumentandi causa Mosam transisse neque proelio interfuisse, post fugam suorum se trans Rhenum in fines Sugambrorum receperat seque cum his coniunxerat. Ad quos cum Caesar nuntios misisset, qui postularent eos qui sibi Galliae bellum intulissent sibi dederent, responderunt: populi Romani imperium Rhenum finire; si se invito Germanos in Galliam transire non aequum existimaret, cur sui quicquam esse imperii aut potestatis trans Rhenum postularet? Ubii autem, qui uni ex Transrhenanis ad Caesarem legatos miserant, amicitiam fecerant, obsides dederant, magnopere orabant ut sibi auxilium ferret, quod graviter ab Suebis premerentur; vel, si id facere occupationibus rei publicae prohiberetur, exercitum modo Rhenum transportaret: id sibi ad auxilium spemque reliqui temporis satis futurum. Tantum esse nomen atque opinionem eius exercitus Ariovisto pulso et hoc novissimo proelio facto etiam ad ultimas Germanorum nationes, uti opinione et amicitia populi Romani tuti esse possint. Navium magnam copiam ad transportandum exercitum pollicebantur.
Terminata la guerra con i Germani, Cesare decise che doveva varcare il Reno, per molte ragioni, di cui una importantissima: vedendo con quale facilità i Germani tendevano a passare in Gallia, voleva che nutrissero timore anche per il proprio paese, quando si fossero resi conto che l’esercito del popolo romano poteva e osava oltrepassare il Reno. Si aggiungeva un’altra considerazione: la parte della cavalleria degli Usipeti e dei Tenteri che, come abbiamo detto, attraversata la Mosa a scopo di razzia e in cerca di grano, non aveva partecipato alla battaglia, dopo la fuga dei suoi si era rifugiata al di là del Reno, nelle terre dei Sigambri, unendosi a essi. Cesare, per chiedere la consegna di chi aveva mosso guerra a lui e alla Gallia, mandò suoi emissari ai Sigambri, che così risposero: il Reno segnava i confini del dominio di Roma; se egli riteneva ingiusto che i Germani, contro il suo volere, passassero in Gallia, perché pretendeva di aver dominio o potere al di là del Reno? Gli Ubi, poi, l’unico popolo d’oltre Reno che avesse inviato a Cesare emissari, stringendo alleanza e consegnando ostaggi, lo scongiuravano di intervenire in loro aiuto perché incombevano su di loro, pesantemente, gli Svevi; oppure, se ne era impedito dagli affari di stato, lo pregavano, almeno, di condurre l’esercito al di là del Reno: sarebbe stato un ausilio sufficiente per il presente e una speranza per il futuro. Il nome e la fama dell’esercito romano, dopo la vittoria su Ariovisto e il recentissimo successo, aveva raggiunto anche le più lontane genti germane: considerati alleati del popolo romano, gli Ubi sarebbero stati al sicuro. Promettevano una flotta numerosa per trasportare l’esercito.