33 – O furum optime balneariorum Vibenni pater et cinaede fili (nam dextra pater inquinatiore, culo filius est voraciore), cur non exilium malasque in oras itis? quandoquidem patris rapinae notae sunt populo, et natis pilosas, fili, non potes asse venditare.
34 – Dianae sumus in fide puellae et pueri integri: Dianam pueri integri puellaeque canamus. o Latonia, maximi magna progenies Iovis, quam mater prope Deliam deposivit olivam, montium domina ut fores silvarumque virentium saltuumque reconditorum amniumque sonantum: tu Lucina dolentibus Iuno dicta puerperis, tu potens Trivia et notho es dicta lumine Luna. tu cursu, dea, menstruo metiens iter annuum, rustica agricolae bonis tecta frugibus exples. sis quocumque tibi placet sancta nomine, Romulique, antique ut solita es, bona sospites ope gentem.
35 – Poetae tenero, meo sodali, velim Caecilio, papyre, dicas Veronam veniat, Novi relinquens Comi moenia Lariumque litus. nam quasdam volo cogitationes amici accipiat sui meique. quare, si sapiet, viam vorabit, quamvis candida milies puella euntem revocet, manusque collo ambas iniciens roget morari. quae nunc, si mihi vera nuntiantur, illum deperit impotente amore. nam quo tempore legit incohatam Dindymi dominam, ex eo misellae ignes interiorem edunt medullam. ignosco tibi, Sapphica puella musa doctior; est enim venuste Magna Caecilio incohata Mater.
33 – O maestro dei ladri di bagni padre Vibennio e figlio cinedo (il padre è di mano piuttosto sozza, il figlio di culo troppo ingordo), perché non andate in esilio ed in maledetti paesi? Dal momento che le ruberie del padre sono note al popolo e le chiappe pelose, o figlio, non puoi offrirle che per un soldo.
34 – Di Diana siamo nella protezione ragazze e ragazzi puri: a Diana ragazzi puri e ragazze cantiamo. O Latonia, grande famiglia del massimo Giove, che la madre depose presso l’olivo di Delo, perché fossi la regina dei monti delle selve verdeggianti e delle foreste nascoste e dei ruscelli risonanti: tu chiamata Giunone Lucina per le dolenti puerpere tu sei detta potente Trivia e per la luce non propria, Luna. Tu con la rotta mensile, dea, misurando il percorso annuale, sazi le umili case dell’agricoltore di buoni raccolti. Santa con qualunque nome ti piaccia, benigna proteggi come sei solita sempre con cura il popolo di Romolo.
35 – Al tenero poeta, mio compagno, a Cecilio, vorrei, papiro, dicessi di venire a Verona, lasciando le mura di Como Nuova e la costa lariana. Voglio che riceva alcuni pensieri dell’amico suo e mio. Perciò, se è saggio, divorerà la via, anche se una candida ragazza lo richiamasse mentre parte, e buttandogli entrambe le braccia al collo lo pregasse di restare. Ma ella ora, se mi si racconta il vero, lo distrugge d’un amore prepotente. Nel tempo in cui lesse l’iniziata “Signora di Dindimo”, da allora i fuochi divorano l’intimo midollo della poverina. Ti perdono, fanciulla più dotta saffica della saffica musa; davvero è graziosa la Grande Madre iniziata da Cecilio.