Ex libris Caesaris et Taciti cognoscere possumus quid veteresde regionibus ad Septentrionemversis senserint. Caelum Germaniae asperius quam nostrum putabant et agros minus fertilies, quia ibi – sic enim in suis libris scripserunt – sol rarius et pallidiore luce splendet, noctes sunt longiores et fridiores, aestas perbrevis, hiems diututnior et asperior quam in nostris regionibus. Itaque incolae natura maestiores videbantur et saepe in miserrima condicione propter frigus acerrimum et molestissimum. Italiae regionibus contra erat caelum purum et tenuius, aer hominibus saluberrimus et frugibus aptissimus, agri fertiliores; quare incolae laetiores et alacriores videbantur. In silvis Germaniae vivebant plurima animalia, Romanis ignota, inter quae Caesar alces et uros posuit. Alces erant figura simillimae capris, sed paulo maioreset mutilae cornibus; crura sine nodis articulisque habebant neuqe procumbebant ut quiscerent, quia, si concidebant, surgere, non poterant. Uri ernat paulo minores slephantis et habebant figuram tauri, sed amplitudo cornuum multo a nostrorum boum cornibus differebant.
Dai libri di Cesare e di Tacito possiamo sapere che cosa gli antichi abbiano pensato delle regioni volte a Settentrione. Reputavano il clima della Germania più rigido del nostro e i campi meno fertili, perché lì – così infatti scrissero nei loro libri – il sole splende più raramente e di luce più pallida, le notti sono più lunghe e più fredde, l’estate brevissima, l’inverno più lungo e più aspro che nelle nostre regioni. E così gli abitanti per la natura sembravano più tristi e spesso in condizione pessima a causa del freddo durissimo e molto molesto. Le regioni d’Italia, al contrario, avevano un clima puro e mite, un’aria molto salubre per gli uomini e adattissima ai raccolti, campi più fertili; motivo per cui gli abitanti sembravano più lieti e alacri. Nelle foreste della Germania vivevano numerosi animali, ignoti ai Romani, tra i quali Cesare classificò le alci e gli uri. Le alci erano per l’aspetto molto simili alle capre, ma di poco più grandi e dalle corna tronche; avevano zampe senza nodi e articolazioni e non si coricavano per dormire, perché, se fossero cadute, non avrebbero più potuto rialzarsi. Gli uri erano di poco più piccoli degli elefanti e avevano l’aspetto del toro, ma per l’ampiezza delle corna differivano di molto dalle corna dei nostri buoi.