Cum Hannibal in Apuliam pervenisset, Roma contra eum duos consules misit, Aemilium Paulum et Terentium Varronem, qui apud Cannas castra posuerunt. Ibi alter consul, qui eo die exercitui praeerat in planitie aciem instruxit et cum Hannibalis conpiis confilixit. Tum magna fuit caedes exercitus Romanorum; narrant enim Hannibalem Carthaginem mississe tres modios anulorum quos ex digitis equitum Romanorum Poeni detraxerant. Aemilius Paulus in proelio cecidit fortiter pugnans, Terentius Varro cum paucis equitibus fuga salutem petivit. Cum Romam tantae cladis nuntius advenit, omnes in forum concurrerunt. Matronae vagae per vias deos implorabant ut maximam pernicem urbi imminentem averterent. Credebant enim nec ulla iam castra, nec ducem, nec milites esse et Hannibalem ipsam urbem oppugnaturum esse. Sed Hannibal Romam statim non oppugnavit et mora unius dei, ut nonnulli putant, fuit saluti urbi.
Dopo che Annibale arrivò in Puglia, Roma mandò contro di lui due consoli, Emilio Paolo e Terenzio Varrone, i quali misero un accampamento presso Canne. Lì un altro console, che nello stesso giorno era vicino all’esercito e aveva preparato la schiera in pianura, combatté contro le truppe di Annibale. Allora la sconfitta dell’esercito dei Romani fu grande; infatti narrano che Annibale aveva mandato a Cartagine tre moggi di anelli che i Cartaginesi avevano tolto dalle dita della cavalleria dei Romani. Emilio Paolo morì in battaglia mentre combatteva molto valorosamente, Terenzio Varrone cercò la salvezza con la fuga assieme a pochi cavalieri. Le matrone vagavano e imploravano gli dei per le vie affinché togliessero la grande sconfitta imminente della città. Infatti credevano che non si fosse più nessun accampamento, nessun comandante, nessun militare e che Annibale stesse per espugnare la città. Ma Annibale non espugnò subito la città e per l’indugio di un dio, che pochi calcolano, ci fu la salvezza della città.