Maxima autem diligentia maiores hunc morem retinuerunt, ne quis se inter consulem et proximum lictorem, quamvis officii causa una progrederetur, interponeret. Filio dumtaxat et ei puero ante patrem consulem ambulandi ius erat. Qui mos adeo pertinaciter retentus est, ut Q. Fabius Maximus quinquies consul, vir et iam pridem summae auctoritatis et tunc ultimae senectutis, a filio consule invitatus ut inter se et lictorem procederet, ne hostium Samnitium turba, ad quorum conloquium descendebant, elideretur, facere id noluerit. Idem a senatu legatus ad filium consulem Suessam Pometiam missus, postquam animadvertit eum ad officium suum extra moenia oppidi processisse, indignatus quod ex XI lictoribus nemo se equo descendere iussisset, plenus irae sedere perseveravit. Quod cum filius sensisset, proximo lictori ut sibi appareret imperavit. Cuius voci continuo Fabius obsecutus ‘Non ego’ inquit, ‘Fili, summum imperium tuum contempsi, sed experiri volui an scires consulem agere: nec ignoro quid patriae venerationi debeatur, verum publica instituta privata pietate potiora iudico’.
Gli antenati, inoltre, osservarono, con la massima scrupolosità, questa norma abitudinaria: nessuno si intromettesse tra il console e il littore più vicino, anche qualora si procedesse insieme a motivo di (pubblica) funzione. Soltanto al figlio – adolescente – era concesso il diritto di camminare davanti al (proprio) padre console. Tale norma venne osservata con tanta pervicacia, che Quinto Fabio Massimo – 5 volte console, uomo eccezionale e già da un pezzo della massima dignità, nonché, a quel tempo, molto anziano – (benché fosse) invitato dal figlio console a procedere in mezzo a sé e al littore, per evitare di restare soffocato dalla turba dei nemici sanniti, verso i quali stavano procedendo per un abboccamento, si rifiutò. Lo stesso (Fabio Massimo) – inviato a Sessa Pomezia dal senato, in qualità di ambasciatore, al figlio console – dopo che si rese conto che costui si era portato, a compiere la sua mansione, al di fuori delle mura della città – indignato perché nessuno degli 11 littori gli aveva ingiunto di smontare da cavallo – se ne rimase seduto incollerito. Quando il figlio capì, ordinò al littore più vicino di mettersi ai propri ordini. Facendo seguito alle parole di quello, Fabio esclamò: “Figliolo, io non ho trascurato il tuo autorevole comando, bensì ho voluto rendermi conto se tu sappia comportarti da console: non ignoro quale rispetto debba tributarsi ad un padre, tuttavia ritengo che le pubbliche istituzioni abbiano maggior valore degli affetti privati”.