Siciliam ferunt angustis quondam faucibus Italiae adhaesisse direptamque velut a corpore maiore, impetu superi maris, quod tot undarum onere illuc vehitur. Est autem ipsa tenuis ac fragilis et cavernis quibusdam fistulisque ita penetrabilis ut ventorum tota ferme flatibus pateat; nec non et ignibus generandis nutriendisque soli ipsius naturalis materia, quippe intrinsecus stratum sulphure et bitumine traditur, quae res facit, ut, spiritu cum igne in terra interiore luctante frequenter e compluribus locis nunc flammas, nunc vaporem, nunc fumum eructet. Inde denique Aetnae montis per tot saecula durat incendium, et ubi acrior per sperimenta cavernarum ventus incubuit, harenarum moles egeruntur. Proximum Italiae promuntorium Regium dicitur, ideo quia Graece
Si dice che la Sicilia una volta fosse attaccata all’Italia attraverso un angusto istmo e che fosse stata portata via da questa come da un corpo maggiore dall’impeto del mare che là è trascinato con tutta la forza delle onde. La stessa terra poi è sottile e fragile e attraverso certi canali e cavità è così accessibile da essere esposta quasi completamente al soffio dei venti; inoltre la natura dello stesso suolo sembra adatta a generare e ad alimentare fuochi. Infatti si dice che all’interno ci sia uno strato di zolfo e di bitume; questa cosa fa sì che, lottando il vento col fuoco sottoterra, spesso e in molti luoghi emetta ora fiamme, ora vapore, ora fumo. Perciò l’attività vulcanica del monte Etna esiste da tanti secoli. E, appena il vento più penetrante soffia attraverso gli spiragli delle caverne, grandi blocchi di sabbia vengono gettati fuori. Non c’è da meravigliarsi se è favolosa la fama di questo stretto sul quale si concentrano tante meraviglie.