Imperatore Iuliano regnante, amplissimus Daphnaei Apollonis fanum, quod rex Antiochus condiderat, et simulacrum dei, statuae Iovis Olympiaci magnitudine simile, subita vi flammarum exustum est. Imperator propter atrocem casum tanta ira permotus est ut iuberet quaestions agitari solito acrioreset maiorem ecclesiam Antiochiae claudi. Iulianus enim putabat Christianos incendium excitavisse, invidia stimulatos, quod templum splendidis columnis ornatum videbat. Ferebant autem delubrum conflagravisse, quod Asclepides philosophus,cum ad templum venisset, deae Veneris argentum parvum signum ante pedes simulacri posuerat et ex usu cereos accenderat. Itaque media nocte volitantes scintillae adhaeserunt materiis aridissimis er celerrime omnia concremaverunt.
Sotto l’impero dell”imperatore Giuliano, fu devastato con forza improvvisa delle fiamme il grandissimo tempio di Apollo e Dafne, che il re Antioco aveva eretto, e il simulacro del dio (Apollo), uguale per grandezza alla statua di Giove Olimpico. L’imperatore per il fatto atroce fu scosso da un’ira così forte che ordinò di avviare indagini e di chiudere la più grande chiesa di Antiochia. Giuliano infatti riteneva che i cristiani avessero scatenato l’incendio, spinti dall’invidia perchè vedevano il tempio ornato di splendide colonne. Si diceva che il tempio andò in fiamme poichè il filosofo Asclepiade, essendo giunto al tempio, aveva posto un piccolo segno d’argento della dea Venere ai piedi del tempio e secondo l’uso aveva acceso i ceri. E così in piena notte le fiamme scintillanti presero fuoco con il materiale più secco e arsero velocemente ogni cosa.