De Maximo Valerio, qui Corvinus appellatus est ob auxilium propugnationemque corvi alitis, haut quisquam est nobilium scriptorum, qui secus dixerit. Ea res prorsus admiranda sic profecto est in libris annalibus memorata. Adulescens tali genere editus L. Furio Claudio Appio consulibus fit tribunus militaris. Atque in eo tempore copiae Gallorum ingentes agrum Pomptinum insederant, instruebanturque acies a consulibus de vi ac multitudine hostium satis agentibus. Dux interea Gallorum vasta et ardua proceritate armisque auro praefulgentibus grandia ingrediens et manu telum reciprocans incedebat perque contemptum et superbiam circumspiciens despiciensque omnia venire iubet et congredi, si quis pugnare secum ex omni Romano exercitu auderet. Tum Valerius tribunus ceteris inter metum pudoremque ambiguis impetrato prius a consulibus ut in Gallum tam inmaniter adrogantem pugnare sese permitterent, progreditur intrepide modesteque obviam; et congrediuntur et consistunt, et conserebantur iam manus, atque ibi vis quaedam divina fit: corvus repente inprovisus advolat et super galeam tribuni insistit atque inde in adversari os atque oculos pugnare incipit; insilibat, obturbabat et unguibus manum laniabat et prospectum alis arcebat atque, ubi satis saevierat, revolabat in galeam tribuni. Sic tribunus spectante utroque exercitu et sua virtute nixus et opera alitis propugnatus ducem hostium ferocissimum vicit interfecitque atque ob hanc causam cognomen habuit Corvinus. Id factum est annis quadringentis quinque post Romam conditam. 10 Statuam Corvino isti divus Augustus in foro suo statuendam curavit. In eius statuae capite corvi simulacrum est rei pugnaeque, quam diximus, monimentum.
Di Valerio Massimo, soprannominato Corvino per l’aiuto e la difesa datagli da un corvo, nessuno dei più noti scrittori ha narrato diversamente tale vicenda. Quel fatto davvero singolare è così ricordato dagli Annali. Un giovane uscito da quella famiglia fu nominato tribuno militare sotto il consolato di Lucio Furio e Claudio Appio. In quel tempo grandi forze dei Galli avevano invaso la Pontinia e i consoli, preoccupati dal numero e dalla forza dei nemici, schiereranno le proprie truppe in battaglia. Allora il capo dei Galli, che si distingueva per la corporatura grossa e alta e per il luccicare delle armi dorate, avanzò a grandi passi, e facendo mulinare con la mano l’asta e guardando tutt’intorno con altezzosa superbia, ordinò con aria di disprezzo che avanzasse e si presentasse se v’era qualcuno in tutto l’esercito romano che osasse combattere con lui. Allora il tribuno Valerio, di fronte agli altri che esitavano per timore e vergogna dopo aver chiesto ai consoli che gli consentissero di combattere con quel gallo così vanamente arrogante, si fece innanzi con coraggio e ritegno; i due combattenti si fan sotto, s’arrestarono e già hanno messo mano alle armi quando avviene un fatto miracoloso: d’improvviso un corvo giunge in volo, si posa sull’elmo del tribuno e poi comincia a colpire il viso e gli occhi dell’avversario; lo sorprende, lo turba, gli graffia le mani con le unghie, lo acceca con lo sbattere delle ali e, quando gli par di avere infierito a sufficienza, ritorna sull’elmo del tribuno. Allora questi, dinanzi ad ambedue le schiere, facendo assegnamento sul proprio coraggio e sull’aiuto dell’uccello, atterra quel ferocissimo capo dei nemici, lo uccide e per questo fatto assume il cognome di Corvino. Ciò avvenne nell’anno 405 dalla fondazione di Roma. Il divo Augusto fece erigere nel suo Foro una statua a questo Corvino. Sulla testa di tale statua v’è l’effigie di un corvo, il ricordo del combattimento che ho descritto.