Duo familiares Arcades iter una facientes Megara Venerunt, quorum alter ad hospitium contendit, alter in tabernam meritoriam devertit. Is, qui in hospitio erat, vidit in somnis comitem suum orantem ut sibi, coponis insidiis circumvento, auxilio veniret. Excitatus visu prosiluit et cucurrit ad tabernam, sed omnia circa eam quieta videns lectum ac somnum repetiit. Tunc idem saucius ei apparuit petiitque ut saltem mortis suae ultor existeret: dixit enim corpus suum, a copone trucidatum, plaustro tum vehi extra portam stercore adopertum. Motus his precibus vir protinus ad portam adcucurrit, scelus deprehendit et coponem ad capitale supplicium duxit.
Due amici e compagni di viaggio, di nazionalità greca, giunsero a Megara; uno cercò alloggio in un albergo, l’altro in una locanda con camere in affitto. Quello che era in albergo, vide in sogno il compagno che gli chiedeva aiuto, perché caduto nelle grinfie malefiche del locandiere. Turbato dal sogno, quello balzò (fuori dal letto) e si fiondò alla locanda: ma vedendo che, nei paraggi della stessa, tutto era tranquillo, se ne tornò a letto a dormire. Gli apparve (in sogno) di nuovo l’amico, ferito, che gli chiese di vendicare, per lo meno, la propria morte: disse, infatti, che il proprio cadavere, martoriato dal locandiere, veniva giusto in quel momento trasportato su di un carretto fuori della porta, ricoperto di sterco. Mosso da tali preghiere, quello si fiondò alla porta e, sorpreso il misfatto, lo accusò di pena capitale.