Rebellione trium principum et caede incertum diu et quasi vagum imperium suscepit firmavitque tandem gens Flavia, obscura illa quidem ac sine ullis maiorum imaginibus, sed tamen rei p. Nequaquam paenitenda; constet licet, Domitianum cupiditatis ac saevitiae merito poenas luisse. T. Flavius Petro, municeps Reatinus, bello civili Pompeianarum partium centurio an evocatus, profugit ex Pharsalica, acie domumque se contulit, ubi deinde venia et missione impetrata coactiones argentarias factitavit. Huius filium, cognomine Sabinus, expers militiae (etsi quidem eum primipilarem, nonnulli, cum adhuc ordiens duceret, sacramento solutum per causam valitudinis tradunt) publicum quadragesimae in Asia egit; manebantque imagines a civitatibus ei positae sub hoc titulo: kalos telonesanti. Postea faenus apud Helvetios exercuit ibique diem obiit superstitibus uxore Vespasia Polla et duobus ex ea liberis, quorum maior Sabinus ad praefecturam urbis, minor Vespasianus ad principatum usque processit. Polla, Nursiae honesto genere orta, patrem habuit Vespasium Pollionem, ter tribunum militum praefectumque castrorum, fratrem senatorem praetoriae dignitatis. Locus etiam ad sextum miliarium a Nursia Spoletium euntibus in monte summo appellatur Vespasiae, ubi Vespasiorum complura monumenta exstant, magnum indicium splendoris familiae et vetustatis. Non negaverim iactatum a quibusdam Petronis patrem e regione Transpadana fuisse mancipem operarum, quae ex Umbria in Sabinos ad culturam agrorum quotannis commeare soleant; subsedisse autem in oppido Reatino, uxore ibidem ducta. Ipse ne vestigium quidem de hoc, quamvis satis curiose inquirerem, inveni.
L’Impero, reso a lungo instabile e quasi vacillante dalla rivolta e dalla morte di tre principi, fu alla fine raccolto e consolidato dalla famiglia Flavia, che fu senza dubbio oscura e senza antenati degni di rilievo, ma di cui, ad ogni modo, lo Stato non ebbe mai motivo di rammaricarsi, anche se è noto che Domiziano pagò giustamente il fio della sua cupidigia e della sua crudeltà. T. Flavio Petrone, originario del municipio di Rieti, centurione o richiamato dell’armata di Pompeo durante la guerra civile, dopo la battaglia di Farsalo se ne fuggì e si ritirò nel suo paese dove, più tardi, ottenuto il perdono e il congedo, esercitò la professione di cassiere delle vendite all’asta. Suo figlio, soprannominato Sabino, estraneo al mestiere militare (anche se alcuni dicono che era primipilo ed altri che fu esentato dal servizio per ragioni di salute quando era ancora comandante di centuria), fu esattore dell’imposta del quarantesimo in Asia; erano rimaste perfino alcune statue che le città gli avevano eretto con questa iscrizione: “All’esattore onesto.” Praticò poi il mestiere dell’usuraio presso gli Elvezi, dove morì lasciando una vedova, Vespasia Polla, e i due figli che ne aveva avuto; il maggiore, Sabino, arrivò ad essere prefetto di Roma, il minore, Vespasiano, giunse fino alla conquista del potere. Polla, nata da un’ottima famiglia di Norcia, ebbe per padre Vespasio Pollione, che fu tre volte tribuno dei soldati e poi prefetto dell’accampamento, e per fratello un senatore dell’ordine pretorio. Ancora si trova a sei miglia da Norcia, lungo la strada per Spoleto, una località in cima ad una collina chiamata Vespasia, dove restano numerosi monumenti dei Vespasi, autorevole testimonianza della grandezza e dell’antichità di questa famiglia. Alcuni hanno detto, ed io non posso contestarlo, che il padre di Petrone reclutava i braccianti che tutti gli anni si portavano dall’Umbria nel paese dei Sabini per coltivarvi la terra e che si stabilì a Rieti dove pure si era sposato. Personalmente, nonostante le minuziose ricerche fatte, non ho trovato traccia della cosa.
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