Nox supervenit terroremque auxit. Milites in armis vigilabant. Babylonii alius e muris, alius culmine sui quisque tecti prospectabant, quasi certiora visuri. Nec quisquam lumina audebat accendere; et, quia oculorum cessabat usus, fremitus vocesque auribus captabant; ac plerumque, vano metu territi per obscuras semitas alius alii occursantes invicem suspecti ac solliciti ferebantur. Persae comis suo more detonsis in lugubri veste cum coniugibus ac liberis, non ut victorem et modo ut hostem, sed ut gentis suae iustissimum regem vero desiderio lugebant. Ac sueti sub rege vivere non alium, qui imperaret ipsis, digniorem fuisse confitebantur. Nec muris urbis luctus continebatur; sed proximam regionem ab ea, deinde magnam partem Asiae cis Euphraten tanti mali fama pervaserat.
Sopraggiunse la notte ed accrebbe il loro terrore. I soldati vegliavano in armi. I Babilonesi, chi dall’alto delle mura, chi dalla sommità del tetto della propria casa, stavano a guardare, come nell’attesa di qualcosa di più determinato. Nessuno osava accendere dei lumi; e poiché veniva meno l’uso degli occhi, cercavano di afferrare con le orecchie mormorii e voci; e più volte, presi da una infondata paura, si muovevano per oscure stradicciole, urtandosi l’un l’altro e vicendevolmente destando e provando timore. I Persiani, tagliatisi le chiome secondo il loro costume, in abito da lutto, assieme alle mogli ed ai figli piangevano Alessandro con un dolore sincero, non come un vincitore ed un nemico recente, ma come il più legittimo sovrano della loro gente. Avvezzi a vivere sotto un re, confessavano che non ce n’era stato un altro più degno di regnare su di loro. E il lutto non era racchiuso entro le mura della città; ma la notizia d’una sventura cosi grande si era diffusa nella regione immediatamente vicina e quindi in gran parte dell’Asia al di qua dell’Eufrate.